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Anticorpi coniugati: gli utilizzi per il tumore al seno

Gli anticorpi coniugati, a volte indicati anche come coniugati anticorpo-farmaco, non sono esattamente una novità nel mondo oncologico. Da diversi anni questa categoria particolare di trattamenti, che deve la sua efficacia all’unione degli anticorpi monoclonali con i classici chemioterapici, ha attirato l’attenzione della comunità scientifica.
Più che di un mix di farmaci, infatti, si tratta di una combinazione che permette di indirizzare delle molecole chemioterapiche estremamente potenti direttamente nelle cellule tumorali, grazie al ruolo svolto dagli anticorpi. Gli anticorpi che li compongono, infatti, si legano specificamente ad una molecola presente prevalentemente sulle cellule neoplastiche. In questo modo, il legame con il bersaglio specifico trasporta il chemioterapico nella sede tumorale, causandone la morte. Ne consegue che i tessuti sani non vengano coinvolti dall’azione del farmaco e gli effetti collaterali a cui è esposto il paziente risultino ridotti.

Tra i primi anticorpi coniugati ad essere approvati negli Stati Uniti e successivamente in Europa c’è stato il brentuximab vedotin, che nel 2011 è stato proposto per la cura di alcuni tumori del sangue, tra cui il linfoma di Hodgkin. Due anni dopo è arrivato il turno del trastuzumab emtansine, il primo anticorpo coniugato specificamente pensato per il trattamento dei tumori al seno HER2+. Nonostante l’indubbia efficacia di questo farmaco, la prognosi delle neoplasie HER2+ è rimasta a lungo critica, data la loro nota aggressività e soprattutto la resistenza a molte delle terapie tradizionali.

Una nuova speranza, tuttavia, arriva dai risultati dello studio clinico DESTINY-Breast03, inerenti all’impiego del trastuzumab deruxtecan. I risultati preliminari della sua attività ed efficacia nel tumore della mammella sono estremamente promettenti i dati dello studio 03, infatti, sono straordinari, e quelli di DESTINY-Breast04, presentati pochi giorni fa a Chicago durante il Congresso dell’ASCO (American Society of Clinical Oncology), proiettano questo farmaco tra le terapie practice changing.

DESTINY-Breast03 | I risultati dello studio

DESTINY-Breast03 è uno studio clinico che ha visto la partecipazione di oltre 500 pazienti con tumore al seno HER2+, suddivise in due gruppi ai quali sono stati somministrati due diversi anticorpi coniugati. Il primo ha ricevuto il trastuzumab emtansine – che attualmente rappresenta ancora il trattamento standard per questo tipo di tumori -, l’altro il trastuzumab deruxtecan. La comparazione tra i due farmaci ha fatto emergere le potenzialità di questo secondo anticorpo: i dati più recenti, presentati in occasione dell’Esmo Breast Cancer, parlano infatti di 25 mesi di PFS mediana, ossia sopravvivenza libera da progressione. Si tratta cioè del periodo nel quale il soggetto è ancora affetto dalla malattia ma non subisce peggioramenti.

Oltre a ciò, lo studio DESTINY-Breast03 ha confermato la capacità del trastuzumab deruxtecan di apportare una riduzione del 72% del rischio di progressione della malattia o di morte. Considerando anche la tossicità gestibile del trattamento, è possibile che i dati riportati all’Esmo Breast trasformino questo anticorpo coniugato nella scelta terapeutica di prima linea per le donne con tumore al seno HER2+.