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Rientrare al lavoro dopo il cancro è importante 

Rientrare al lavoro dopo il cancro è un passaggio tanto delicato quanto fondamentale nel percorso che il paziente oncologico compie verso la guarigione. Delicato perché, ormai lo sappiamo, si accompagna a difficoltà di ogni genere: mobbing, discriminazione, licenziamenti, nonché mancati avanzamenti di carriera e persino problemi nel trovare un nuovo lavoro. 

Fondamentale perché, a dispetto di tutti gli ostacoli sopra citati, rientrare al lavoro significa tante cose. In primis, riappropriarsi di un ruolo e di un’identità che non hanno a che fare con lo status a volte gravoso di “malato”. Ma anche riportare un po’ di normalità nella propria routine quotidiana. 

Piccole conquiste, queste, che incidono significativamente sulla salute mentale, sul benessere e sulla qualità di vita del paziente oncologico, come diversi studi stanno cercando di dimostrare da qualche anno a questa parte. 

Pazienti oncologici: quanti tornano al lavoro e perché 

I pazienti oncologici che riescono a rientrare al lavoro, secondo uno studio pubblicato su Psycho-Oncology all’inizio dello scorso anno su un campione di 430 pazienti, sono più di metà: in media il 63,5%. Una percentuale che risente di parametri molto diversi tra loro, tra i quali troviamo: 

  • Il tempo trascorso dalla diagnosi: a 6 mesi dalla diagnosi si osservano tassi di ritorno al lavoro del 24%–40%, dopo 2 anni le percentuali salgono al 50%–89. 
  • Il genere: è stato notato un tasso di rientro leggermente superiore tra gli uomini. 
  • La tipologia di cancro e il relativo stadio. Sebbene sia difficile identificare delle ricorrenze precise, i dati a disposizione ci dicono che i tumori del cervello, del polmone e del fegato sono associati a probabilità di rientrare al lavoro più basse. 

Altri fattori collegati a maggiori possibilità di riprendere l’attività lavorativa sono lo status di celibe, l’età più giovane, un livello di istruzione superiore e persino un reddito elevato. 

Salute mentale e lavoro, qual è il collegamento? 

La salute mentale dei pazienti oncologici sembra beneficiare nel rientro al lavoro in modo significativo. Secondo lo stesso studio citato, le persone che hanno ripreso a lavorare dopo un anno dalla diagnosi hanno riportato livelli molto più bassi di depressione, ansia e angoscia se paragonati ai pazienti che sono rimasti a casa. 
Dati confermati anche da un precedente studio, che ha indagato il benessere psicologico delle donne sopravvissute al cancro al seno, scoprendo anche in questo caso una correlazione tra migliore qualità di vita, tassi inferiori di depressione e ansia e l’essere rientrate al lavoro.  

Ma perché il ritorno in ufficio ha questo potere sul benessere di chi ha avuto il cancro? 
Le risposte arrivano sia dallo studio pubblicato su Psycho-Oncology che da una serie di interviste ai pazienti stessi, effettuate da un team dell’Università di Windsor e pubblicate nel 2020 sul Canadian Oncology Nursing Journal.  

Emergono motivazioni eterogenee, per esempio una maggiore autostima, derivante dalla sensazione di dare di nuovo un contributo alla società attraverso il proprio lavoro e le proprie competenze. 

Riprendere le proprie attività, inoltre, può distogliere la mente dal pensiero angosciante e persistente della malattia. Come dichiara Melissa in una delle interviste riportate dalla rivista canadese, “la prima cosa che desideri è che tutto torni alla normalità e smetta di pensare al cancro 24 ore su 24, 7 giorni su 7.”  

Per gestire la paura verso ciò che sta accadendo, quindi, il lavoro è un’arma importante. 

Infine, In molti casi emerge la necessità di proteggere la propria famiglia, in special modo i bambini. Continuare o riprendere il lavoro, quando possibile, è un ottimo modo per mantenere intatta l’immagine di sé che i nostri cari hanno, dimostrando loro che la malattia è gestibile e che non è necessario farsi sopraffare dalla preoccupazione.