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Europa Donna

Europa Donna Italia nella Consulta delle rete e del volontariato di Periplo

Europa Donna Italia è stata recentemente invitata da Periplo, la rete oncologica veneta, a partecipare alla Consulta delle reti e del volontariato. Abbiamo chiesto al Professor Pierfranco Conte1 (di seguito P.C.) di raccontarci quali sono le motivazioni e le aspettative che stanno alla base di questa richiesta e quali gli obiettivi.

P.C.:  Il nostro intento è istituire rapporti di collaborazione ed elaborare progetti educazionali e di ricerca congiuntamente a tutta una serie di altre organizzazioni interessate al benessere del paziente oncologico.
L’obiettivo principale della Fondazione PERIPLO è lavorare sui percorsi diagnostico-terapeutico assistenziali e per questo è fondamentale che, anche chi si occupa di patient empowerment, venga messo nella condizione di partecipare a questo percorso.

 

Quale pensa possa essere il ruolo di Europa Donna Italia in questa consulta?

P.C.: Ci siamo resi conto che, nelle regioni in cui si sono sviluppate le reti oncologiche, il coinvolgimento dei pazienti o delle pazienti all’interno dei gruppi di lavoro a volte rischia di essere più formale che sostanziale. Molto spesso, purtroppo, i pazienti e le pazienti  hanno un grande entusiasmo ma una scarsa competenza specifica e non sempre sono in grado di esprimere un’opinione informata perché non hanno avuto un training che permetta loro di sviluppare un punto di vista che non venga sovrastato dal parere dell’esperto.

 

C’è qualcosa in particolare che l’ha spinta a cercare un punto di vista diverso da quello dei clinici?

P.C.: Un aspetto che, soprattutto negli ultimi tempi, ha suscitato molta attenzione, e da cui ci aspettiamo un grande contributo da Europa Donna Italia, è il dialogo intorno ai livelli di rischio del ritorno di malattia e al rapporto rischio/beneficio i cui parametri però vengono decisi unicamente dai clinici, non dai pazienti.
Nel caso specifico, con l’aiuto di Europa Donna Italia, vorremmo definire meglio il concetto di percezione del rischio e il rapporto rischio-beneficio, tenendo conto dell’età della donna, della sua situazione socioeconomica, affettiva, lavorativa ecc.

 

Crede che, se le associazioni fossero adeguatamente formate, potrebbe davvero nascere una collaborazione alla pari?

P.C.:  Certamente sì. Per fortuna, anche i clinici si stanno convincendo sempre più che l’adeguatezza di un percorso diagnostico terapeutico non può essere deciso solo dai medici e dalle autorità sanitarie. I pazienti devono assolutamente diventare attori di questo processo e, per questo, è necessario metterli nella condizione di essere in grado di svolgere autonomamente il proprio compito. Non solo devono essere preparati, ma devono essere scelti dalle associazioni.

Ci sono molte decisioni da prendere, e se vogliamo prenderle con il contributo del volontariato, è necessario che il coinvolgimento delle associazioni sia vero, fattivo e concreto, e non solo di facciata.

 


1 Pierfranco Conte è Professore Ordinario di Oncologia Medica del Dipartimento Di Scienze Chirurgiche Oncologiche e Gastroenterologiche dell’Università di Padova e Coordinatore della Rete Oncologica Veneta e della Breast Unit Interaziendale di Padova e del Dipartimento Oncologico Interaziendale di Padova