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ASKHER2, il sondaggio europeo che migliora la comunicazione medico-paziente

Indagare la percezione delle pazienti e il processo decisionale nella gestione precoce del tumore al seno HER2 positivo. È il titolo della survey internazionale che ha coinvolto sei Paesi europei, Portogallo, Spagna, Francia, Germania, Italia e Svezia. È stata presentata all’ultimo SABCS, il congresso sul tumore al seno che si svolge ogni anno a San Antonio negli Stati Uniti.  

Gli obiettivi della survey erano tre: la percezione e i timori di ritorno della malattia; la volontà di attivare interventi in più, compresi i cambiamenti nello stile di vita, al fine di abbattere il rischio di recidiva, la volontà di essere coinvolte nelle decisioni relative ai trattamenti. 

Andando nel dettaglio, le pazienti hanno indicato tre principali preoccupazioni: il timore che la malattia ritorni (68%), la paura di morire (47%) e il rischio che il trattamento fallisca (47%). 

Inoltre, quasi tutte le pazienti (97%) vogliono essere coinvolte nella decisione terapeutica e solo il 3% ha riferito di non aver bisogno di informazioni dal proprio team sanitario e di affidarsi alla decisione del medico. 

Le pazienti hanno riferito di aver discusso il rischio di recidiva in modo completo (30%), parziale (50%) o per nulla (20%) con il proprio medico. «Nella maggior parte dei casi quasi tutte le pazienti vogliono effettivamente essere informate su quello che è il rischio di recidiva», ha commentato Matteo Lambertini, IRCCS Ospedale Policlinico San Martino – UO Oncologia Medica, in una video-intervista rilasciata durante il congresso, «Il dato secondo me più allarmante è che circa il 20% delle pazienti non ha avuto con l’oncologo una discussione su quello che è il rischio di recidiva e questo è un dato che ci deve far riflettere». 

Chiedono anche spiegazioni brevi e semplici (72%), condivisione di numeri e statistiche (40%) e di condividere le esperienze di altre pazienti (34%).  

Infine, la maggior parte delle pazienti accetterebbe di mettere in pratica modifiche nella vita di tutti i giorni, come un regime alimentare diverso e di praticare un’attività fisica, se tutto ciò potesse essere d’aiuto. 

Il 69% delle pazienti è disposto ad accettare un ulteriore trattamento medico, anche se la riduzione del rischio di recidiva è inferiore al 50%. E per questo trattamento aggiuntivo, le pazienti sarebbero disposte a tollerare i seguenti effetti indesiderati per un massimo di 12 mesi: fatigue  (53%), vampate di calore (51%), dolori articolari (44%), alopecia (35%), nausea/vomito (30%), diarrea (27%) e osteoporosi (20%).

Il progetto è stato realizzato con il contributo non condizionante di Pierre Fabre.

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