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Microcalcificazioni al seno: di cosa si tratta? 

Le microcalcificazioni al seno sono un segnale premonitore della comparsa di tumore? 

Per rispondere alla domanda è necessario prima di tutto chiarire la natura di questo fenomeno. La calcificazione rappresenta un processo naturale alla base della salute delle nostre ossa, ma lo sviluppo di microcalcificazioni (cioè di depositi di sali di calcio) in un tessuto può, in alcuni casi, portare a derive patologiche – sebbene non sia una correlazione necessaria.  

Molto, infatti, dipende dalla dimensione, dalla densità e dalla forma in cui le lesioni compaiono. La letteratura scientifica, ad esempio, suggerisce che le microcalcificazioni al seno di forma irregolare siano più preoccupanti di quelle tondeggianti, che sono riconducibili ad un tumore più raramente. 

Una volta individuata una microcalcificazione attraverso la mammografia, l’unico modo per indagarne la natura – maligna o benigna – è procedere con una biopsia

Le statistiche ci dicono che oltre il 50% delle biopsie eseguite in seguito a microcalcificazioni al seno riporta risultati negativi. Numeri confortanti, certo, ma che non risparmiano costi per il sistema sanitario e stress per la paziente che deve sottoporsi ad un’indagine invasiva. 

Per ridurre il ricorso alla biopsia diversi scienziati stanno concentrando i loro sforzi sull’analisi della composizione delle microcalcificazioni al seno. 

Microcalcificazioni benigne: come si riconoscono? 

Le microcalcificazioni benigne, se esaminate attraverso una tecnica chiamata “spettroscopia Raman”, risultano molto diverse da quelle maligne. Questa conferma arriva da uno studio apparso qualche anno fa su Cancer Research, che ha preso in esame oltre 400 microcalcificazioni al seno rilevate in più di 50 pazienti. Il ricorso alla spettroscopia ha permesso di appurare che le lesioni maligne presentavano, generalmente, caratteristiche simili: erano più omogenee, più cristalline e quindi più facilmente distinguibili da quelle benigne. 

La possibilità di operare un distinguo tra le varie tipologie di microcalcificazioni senza ricorrere alla biopsia sembra confermata da uno studio più recente, apparso su Cancer Communications a settembre 2023. Alla base della ricerca c’è l’analisi di un minerale, la whitlockite, in parte assimilabile al fosfato di calcio. Secondo quanto dimostrato dagli autori dello studio, la presenza di whitlockite potrebbe essere interpretata come indicatore di benignità. 

La maggior parte delle microcalcificazioni maligne, infatti, contiene quantità scarsissime o nulle di whitlockite, ma è composta essenzialmente di idrossiapatite, un ulteriore forma di fosfato di calcio. 

I risultati di queste ricerche fanno ben sperare per un futuro nel quale il ricordo alla biopsia risulti superfluo nell’esame delle microcalcificazioni.