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Biopsia liquida, test predittivo oppure diagnostico?

Lo studio sulla biopsia liquida presentato all’ultimo congresso internazionale ESMO (European Society of Medical Oncology) ha sollevato una grande discussione riguardo le sue potenzialità come test predittivo. Tale dibattito è stato ripreso anche dalla stampa italiana. Come hanno voluto sottolineare gli autori americani, i quesiti riguardo questa modalità sono molteplici, a partire dal titolo: A blood test for multiple cancers: game changer or overhyped? Non è sicuramente il primo lavoro scientifico che affronta la possibilità di avere un test del sangue, cioè la biopsia liquida, per diagnosticare un tumore prima che sia sintomatico. Le aspettative sono tali da aver spinto persino Bill Gates a finanziare ricerche su questo tema. Ma qual è ad oggi lo stato dell’arte? E davvero siamo vicini al momento in cui basterà una semplice analisi del sangue per una diagnosi precoce e non invasiva? Lo abbiamo chiesto ad Antonio Russo, ordinario di Oncologia Medica all’Università di Palermo, Presidente del Collegio degli oncologi medici universitari (COMU) e autore di una monografia scientifica sulla biopsia liquida.

Professor Russo, riprendendo il titolo dello studio, siamo in un momento di cambiamento?

Lo studio PATHFINDER ha analizzato, mediante NGS, le forme di metilazione del DNA libero circolante di oltre 6 mila soggetti, ultracinquantenni, apparentemente sani e senza una pregressa diagnosi di cancro. Il test ha identificato un “segnale cancerogeno”, ovvero alterazioni di metilazioni specifiche comuni a più di 50 tipi di tumori diversi. Nell’1,4% dei partecipanti, tra quelli con esito positivo, la diagnosi oncologica è stata successivamente confermata in circa il 40% dei casi. Seppur preliminari e non ancora pubblicati in estenso, i risultati hanno mostrato una elevata specificità del test, permettendo di diagnosticare precocemente il tumore in 35 pazienti tra quasi 7000 soggetti. Tuttavia, in oltre il 60% dei pazienti risultati positivi al test non è seguita una vera e propria diagnosi strumentale di malattia oncologica, determinando peraltro un considerevole stato di ansia. La sensibilità della biopsia liquida, in un contesto di diagnosi precoce, risulta condizionata da un elevato tasso di falsi positivi, le cui cause sono oggi oggetto di studio. Infine, per una futura utilità clinica, sarà importante capire se la biopsia liquida sia in grado di ridurre la mortalità, obiettivo primario delle strategie di screening oncologico

Quindi, al momento qual è il reale campo di applicazione della biopsia liquida?

Attualmente, la biopsia liquida (analisi del DNA tumorale circolante) è principalmente utilizzata per l’analisi dello stato mutazionale del gene EGFR, nell’iter diagnostico-terapeutico dei pazienti affetti da neoplasia polmonare non a piccole cellule (NSCLC) avanzata. In particolare, esistono due diversi scenari in cui il test EGFR su biopsia liquida trova attuale indicazione in questo setting. Il primo scenario clinico riguarda pazienti affetti da NSCLC avanzato non pre-trattato, in cui la quantità e la qualità del tessuto disponibile può non essere adeguata per effettuare le analisi molecolari previste. In altri casi, non è ottenibile a causa delle scadute condizioni cliniche generali del paziente. Il secondo scenario riguarda, invece, i pazienti affetti da NSCLC avanzato in progressione dopo trattamento con inibitore tirosinchinasico di EGFR di prima o seconda generazione per l’identificazione del principale meccanismo di resistenza, ovvero la mutazione T790M.   

E nel futuro?

Le applicazioni cliniche emergenti della biopsia liquida riguardano invece il tumore del colon retto e del seno, nella forma avanzata. Abbiamo difatti a disposizione informazioni solide e riproducibili per quanto riguarda la caratterizzazione dei geni RAS/BRAF per il colon retto e PIK3CA per il seno. Grazie alla biopsia liquida, siamo in grado di mettere a punto un trattamento con farmaci specifici, nell’ottica della medicina di precisione.