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I farmaci anti-estrogeni riducono il rischio d’infezione da Covid-19

Uno studio italiano suggerisce che i cosiddetti SERM – modulatori selettivi del ricettore estrogenico, somministrati alle donne in cura per tumore al seno e all’ovaio – contrastino l’infezione da SARS-CoV-2 e il successivo sviluppo del virus.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Annals of Oncology come lettera all’editore, è stato coordinato da Monica Montopoli dell’Istituto Veneto di Medicina Molecolare (VIMM – Università di Padova) e Arianna Calcinotto dell’Istituto Oncologico di Ricerca di Bellinzona e pone al centro della strategia terapeutica contro Covid-19 il possibile ruolo degli ormoni sessuali. Indagini precedenti condotte al VIMM avevano già dimostrato come i pazienti con tumore alla prostata trattati con terapie di deprivazione androgenica presentassero un minor rischio di infezione e di sviluppo del Covid-19 rispetto a pazienti con cancro alla prostata non trattati.

Nel nuovo studio, le ricercatrici hanno esaminato i dati di oltre 51 mila donne (con età media di 56 anni) testate per il nuovo coronavirus tra il 22 febbraio e il 1 aprile del 2020. Di queste, 330 erano pazienti oncologiche: 128 con tumore al seno e 7 con tumore ovarico. Complessivamente, 52 di queste donne erano in terapia con tamoxifene o un altro SERM. In virtù del loro ruolo nella regolazione del sistema immunitario e nelle diverse proteine coinvolte nell’infezione da SARS-CoV-2 come ACE2 e TMPRSS, è stato evidenziato nel campione esaminato una ridotta prevalenza di infezione in pazienti affette da tumori ormono-dipendenti in terapia SERM. Lo studio suggerisce pertanto un effetto off-target dei SERM, che potenzialmente comporta un’alterazione nel meccanismo di fusione tra il virus e la cellula ospite, suggerendo un possibile utilizzo clinico nel trattamento dei pazienti Covid-19.

Nel campione dello studio la percentuale di infezione in chi non ha avuto un tumore è stata del 9,1%, mentre nelle persone con tumore è risultata del 13,4%. In chi assumeva SERM, però, il dato scende al 10,8%. Si tratta di una differenza statisticamente significativa, come spiega Montopoli in un’intervista a Oncoline. “I dati confermano che i pazienti oncologici hanno in generale un rischio maggiore di contrarre l’infezione, di sviluppare complicanze da Covid, di ospedalizzazioni e di decesso. I SERM, però, sembrano avere un effetto protettivo, come è già emerso in altri studi. Non si è osservata alcuna riduzione, invece, nelle pazienti che assumevano altre terapie oncologiche, come gli inibitori dell’aromatasi o gli agonisti GnRH. Bisognerà confermare questi risultati su un campione più grande e fare altri studi per capire meglio il possibile meccanismo di azione dei SERM. L’intenzione è di far partire prossimamente uno studio clinico”.

Il risultato andrà verificato su una coorte più ampia di donne infette da SARS-CoV-2 e corretto in base a più variabili. Se venisse confermato, si potrebbe aprire una nuova e percorribile strada per prevenire o attenuare gli effetti del virus.